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Food Mania

Cheese 2017, ecco gli otto formaggi da non dimenticare

La manifestazione organizzata da Slow Food a Bra, in provinvia di Cuneo, presenta i prodotti destinati a lasciare un segno per gli ultimi mesi del 2017 e per l'avvio del nuovo anno

Roma- Sono in tutto gli otto formaggi da non perdere per questi ultimi mesi del 2017 e da segnalare per il nuovo anno che sta per arrivare. A consigliare le novità è Cheese 2017, manifestazione di settore in corso a Bra (Cuneo), fino al 18 settembre e organizzata da Slow Food Italia. Insomma nella top list da non perdere assolutamente, tra prodotti a forma di spirale,  ricoperti di muffa naturale o avvolti da foglie di vite imbevute di brandy alla pera, ci sono, tra le proposte a latte crudo, un formaggio dagli Stati Uniti, il Rogue River Blue, prodotto  fatto solamente d’autunno quando il latte di vacca dà il meglio di sé. Questo formaggio pluripremiato si presenta avvolto in una foglia di vite in precedenza imbevuta nel brandy alla pera. Le venature blu al suo interno conferiscono sapori di nocciole e frutta, mentre la sua pasta si cristallizza con l’invecchiamento.

Altri due formaggi internazionali degni di nota e consigliati sono Cuco, un formaggio fatto con il latte crudo delle pecore di Serpa, nell’Alentejo portoghese. La materia prima, il  cacio, è la gioia dei vegetariani: infatti il latte è coagulato tramite un caglio vegetale estratto dal cardo. La produzione artigianale, poi, conta su un drenaggio molto lento del latte e sulla spremitura a mano. Il Cuco ha vinto nel 2015 la medaglia d’argento ai mondiali del formaggio di Tours. Il secondo è il Bodega, dalle Isole Canarie, più precisamente da Lanzarote. Un latticino che tiene in alta considerazione il benessere degli animali La crosta di questo formaggio è lavata con olio d’oliva e il suo sapore dolce e leggermente acido restituisce tracce di frutta secca.

Tra gli italiani la Toma del lait brusc, prodotta da tempi molto antichi nelle valli piemontesi di Susa, Sangone e Lanzo ma oggi sempre meno diffusa e difficilmente reperibile. Per la sua produzione si utilizza il latte della mungitura acidificato della sera prima, in sostituzione parziale del caglio. Il risultato è un formaggio dalla pasta priva di occhiatura e caratterizzata da una notevole gessosità – o friabilità – della pasta. I sapori che emergono più distintamente sono l’acido e l’amaro, presentando gradevoli sensazioni piccanti se le forme sono stagionate a lungo. Degni di nota anche  i formaggi siciliani che rappresentano bene la varietà della lavorazione italiana. In particolare va segnalata la Vastedda della valle del Belìce, l’unico formaggio di pecora a pasta filata italiano. Lo stile di lavorazione varia a seconda delle abitudini del casaro: quelli più esperti riescono a stabilire empiricamente e manualmente l’esatta maturazione della pasta facendo delle prove di filatura. Una volta raggiunta la giusta consistenza, la pasta viene tagliata e collocata in porzioni all’interno di piatti fondi di ceramica, che in breve tempo conferiscono la tipica forma ovoidale appiattita chiamata vastedda, simile a una pagnotta piatta.

Usciamo  dai confini nazionali  troviamo a Est in Slovacchia  dove troviamo i Monti Tatra, un’area poco conosciuta. In questo paesaggio incontaminato  si produce i il Parenica, preparato con latte crudo di razze ovine locali, cotto al vapore e dalla tipica forma a spirale. Dalla Slovacchia va le pena poi di spostartsi  a Sud verso la Penisola balcanica, da sempre terra di pastorizia e transumanza. Dalla Bulgaria arriva il formaggio verde di Tcherni Vit: durante la stagionatura in alpeggio i recipienti di legno vengono aperti per consentire all’aria umida di penetrare nel formaggio e favorire la fioritura di muffe nobili, verdi, trasformando questo prodotto in uno dei pochissimi erborinati naturali presenti al mondo.

Infine, il Cheddar. Il Cheddar oggi è uno dei formaggi più diffusi al mondo ma è anche diventato sinonimo di prodotto industriale e omologato. Oggi soltanto tre casari inglesi conservano la tecnica tradizionale, lottando per il riconoscimento del loro lavoro che prevede l’innesto del latte con fermenti lattici tradizionali provenienti dalla zona di Somerset (i cosiddetti pint starters) e l’aggiunta di caglio di vitello, elementi che contribuiscono a donare al formaggio un sapore piacevole e pulito. Nessun Cheddar è uguale all’altro e perfino formaggi prodotti dalla stessa mano in giorni diversi della settimana hanno profili aromatici distinti, altro che omologazione. Il Cheddar artigianale del Somerset, Presidio Slow Food, ha pure una crosta ricca di muffa. Insomma, non il solito Cheddar

 

 

in data:16/09/2017

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