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Export del vino: nostalgia canaglia per le stagioni passate

Nel 2014 le esportazioni delle produzioni italiane-secondo stime Wine Monitor Nomisma-crescono solo dell’1% contro un aumento medio sopra il 9% degli scorsi anni

Roma- Brusca frenata per l’export del vino italiano dopo la stagione del 2009 con una percentuale sopra il 9 per cento. Il 2014 chiude con un aumento di poco superiore all’1 per cento con un giro d’affari di 5,1 miliardi contro i 5,4 dell’anno precedente. Le stime sono di Wine Monitor.

"I motivi di tale frenata sono diversi ma ampiamente noti agli addetti ai lavori- afferma Denis Pantini, Responsabile Wine Monitor di Nomisma- dal giro di vite del governo cinese ai rimborsi spese dei propri funzionari (il principale segmento di consumatori di vino importato nel paese) allo 'spiazzamento' subito dai nostri vini sfusi sul mercato tedesco ad opera del piu' competitivo - e in svendita - prodotto spagnolo (la meta' dell'export di sfuso italiano finisce in Germania e questa tipologia di vino pesa ancora per il 30% sui volumi complessivamente esportati)". Ma al di la' dei casi specifici, la tendenza di fondo sembra essere quella di un generale rallentamento dell'economia che sta interessando i principali mercati di consumo del nostro vino. "La stessa Russia, il cui embargo non coinvolge questo prodotto, vedra' per il 2014 aumentare l'import di vino italiano solamente di qualche punto percentuale, un mercato che negli ultimi cinque anni ci aveva invece abituati a crescite medie annue superiori al 10%", dice Wine monitor. All'opposto, "tra i principali sbocchi del nostro vino, aumentiamo negli Stati Uniti, recuperiamo in Giappone e teniamo nel Regno Unito, in particolare grazie agli sparkling (Prosecco) dove sopperiamo cosi' ad un calo dei vini fermi imbottigliati", riporta Wine monitor.

Guardando all'ultimo decennio, ci sono stati altri casi di riduzione dell'export di vino italiano: "addirittura nel 2003 e nel 2009 si sono registrati cali rispettivamente del 3,1% e 4,4% rispetto all'anno precedente. La verita' e' che, con la perdurante crisi dei consumi in atto in Italia, l'export e' diventata la nostra ancora di salvezza, alla quale aggrapparsi in questa tempesta che non sembra finire mai". Resta da capire cosa occorre fare, nell'ambito di questo scenario di mercato, per raggiungere quei 7,5 miliardi di euro di export di vino annunciati come obiettivo per il settore dal premier Renzi all'ultimo Vinitaly. "A valori nominali, all'appello mancano ancora 2,4 miliardi di euro che, se rapportati in termini di crescita media annua equivalgono, per il prossimo quinquennio, a tassi superiori al 6,5%", rilevano le stime.

Ma "guardando a quanto accaduto nell'ultimo decennio, non si tratta di aumenti irraggiungibili- continua Pantini- e' chiaro pero' che occorre mettere in atto diverse strategie, tra cui quelle di riposizionamento anche qualitativo in grado di spuntare prezzi medi piu' elevati per i nostri vini". Sul fronte delle criticita', conclude Wine monitor, "occorre ricordare come in molti mercati esteri l'Italia detenga ormai una quota di mercato significativa, rendendo piu' complicato prevedere dinamiche di crescita agli stessi ritmi dell'ultimo settennato. Su questo versante i casi sono due: o si amplia la presenza dei vini italiani nei mercati emergenti (l'export nei Brics pesa per meno del 5%), o si allarga la platea delle imprese esportatrici".

in data:19/12/2014

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