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Riso, l'avanzata asiatica soffoca la produzione tricolore

Le politiche speculative di mercato hanno favorito Paesi in cui la coltivazione avviene senza adeguate tutele del lavoro e con interventi chimici vietati in Europa permettendo l'arrivo in Europa di un prodotto con un prezzo inferiore al nostrano

Roma- Hanno ricevuto la solidarietà di tutti, ma questo non può bastare per risollevare una situazione veramente molto grave. L’invasione di riso proveniente dall’Asia sta mettendo in ginocchio tutti i territori di produzione e il bilancio non fa sconti: dall’inizio della crisi ha chiuso quasi una azienda di riso su cinque e la situazione è precipitata nel 2014 con la perdita di posti di lavoro e pericoli per la sicurezza alimentare dei consumatori a causa del colonialismo asiatico. A richiedere misure di intervento del Mipaaf e delle autorità competenti sono agricoltori e mondine, con le loro famiglie, scesi in questi giorni nelle piazze delle città nei territori di produzione, dalla Lombardia al Veneto, dal Piemonte all’Emilia fino in Sardegna. A capeggiare la protesta è invece Coldiretti.

Ora la battaglia cruciale si sposta il 15 luglio a Roma, centro nevralgico di tutte le decisioni che contano. Ad annunciare la manifestazione è l’organizzazione agricola di Palazzo Rospigliosi. I produttori di riso della Coldiretti incontreranno- si legge in una nota - nella mattina di martedi prossimo 15 luglio il ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina per affrontare il piu’ grave momento di difficoltà per il settore dall’inizio della crisi. Lo sfruttamento in Asia- viene spiegato da Coldiretti- dove si coltiva riso senza adeguate tutele del lavoro e con l’utilizzo di prodotti chimici vietati da decenni nelle campagne italiane ed europee ha aperto le porte alle speculazioni in Europa dove il riso indica lavorato cambogiano arriva in Italia ad un prezzo riferito al grezzo inferiore ai 200 euro a tonnellata, pari a circa la metà di quanto costa produrlo in Italia nel rispetto delle norme sulla salute, sulla sicurezza alimentare e ambientale e dei diritti sociali dei lavoratori con rischi anche per i consumatori perché la produzione straniera viene “spacciata” come nazionale. Per questo chiediamo – ha detto il presidente di Coldiretti Roberto Moncalvo entrando nel merito della questione - l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza del riso in vendita, che vengano resi pubblici i nomi delle industrie che utilizzano riso straniero, l’applicazione della clausola di salvaguarda nei confronti delle importazioni incontrollate, ma anche l’istituzione di una unica borsa merci e la rivisitazione dell’attività di promozione dell’Ente Nazionale Risi.

Intanto il ministro Martina ha espresso la sua condivisione per la battaglia. “Quella dei risicoltori italiani- ha detto- è una battaglia giusta che noi stiamo conducendo da mesi. Da quando, primi in Europa, abbiamo posto anche formalmente la questione alla Commissione europea. Per ben due volte negli ultimi mesi siamo stati artefici di un confronto che ha portato anche alla presentazione di un testo condiviso con altri Paesi membri ed in particolare con Spagna e Grecia per coordinare un’azione congiunta di sensibilizzazione a livello europeo per l’adozione di opportune misure di contrasto.
“Stiamo lavorando- ha aggiunto- con il ministero dello Sviluppo economico e con l’Ente Nazionale Risi – continua Martina - ad un documento che valuti le effettive conseguenze negative sul settore, in termini di margini economici per le imprese e di tenuta dell’intero comparto risicolo italiano ed europeo. Abbiamo intenzione- ha concluso- di sensibilizzare al massimo la Commissione su questa vicenda che richiede in tempi brevi un riscontro rapido ed efficace per salvaguardare il settore”.

RISO, L’ITALIA E’ IL PRIMO PRODUTTORE

L’Italia è ancora il primo produttore europeo di riso su un territorio di 216mila ettari con un ruolo ambientale insostituibile e opportunità di lavoro nell’intera filiera per oltre diecimila famiglie tra dipendenti ed imprenditori, secondo il Dossier della Coldiretti. La situazione è ora drammatica per le speculazioni sull’import dai Paesi asiatici che stanno schiacciando i produttori piegati da costi che hanno abbondantemente superato i ricavi per la varietà Indica. Le importazioni agevolate a dazio zero dalla Cambogia e dalla Birmania hanno fatto segnare un aumento del 754 per cento nei primi tre mesi del 2014 rispetto allo scorso anno e a rischio c’è anche la salute dei consumatori con il sistema di allerta rapido Europeo (RASFF) che ha effettuato quasi una notifica a settimana per riso e prodotti derivati di provenienza asiatica per la presenza di pesticidi non autorizzati e assenza di certificazioni sanitarie, nel primo semestre dell’anno. In Italia tale trend ha comportato nel tempo la riduzione della coltivazione di riso varietà Indica, che nel 2014 evidenzia una riduzione di 15.446 ettari (-21,6 per cento).

in data:11/07/2014

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