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Agricoltura, ecco gli obiettivi di Galan

Oggi dobbiamo affrontare - ha detto il ministro- una crisi che il settore agricolo non ha mai conosciuto prima

Il neo ministro per le Politiche agricole, alimentari e forestali Giancarlo Galan ha tratteggiato  un quadro sul comparto agricolo in occasione della sua audizione alla Camera e al Senato. E' emerso uno scenario chiaro del settore e allo stesso tempo una visione lucida del nuovo responsabile del dicastero di via XX Settembre


L’agricoltura nazionale - ha detto il ministro - non è rimasta esente dagli effetti della crisi che, peraltro, si è riverberata su un settore contrassegnato da debolezze strutturali tipiche in una fa-se ulteriormente complicata dalla contrazione del sostegno co-munitario, ridottosi negli ultimi anni sia per l’allargamento dell’Unione Europea sia per scelte di politica economica com-plessiva attuate dall’UE.

Oggi dobbiamo affrontare una crisi che il settore agricolo non ha mai conosciuto prima, perché essa colpisce tutte le produ-zioni e tutte le Regioni.

Nonostante ciò, il settore evidenzia ampie aree di capacità competitiva anche a livello mondiale: la crisi lo ha colpito senza tuttavia annientarne gli elementi di forza che pure lo ca-ratterizzano.
Ed è proprio su questi elementi di forza che si fonderà - ha spiegato l’azione programmatica del Ministero nel corso della legislatura.
Un piano di interventi che mira a ridare vigore al settore affrontando i fattori di crisi ma che, allo stesso tempo, delinei un quadro organico di interventi per rilanciare e promuovere la competitività dell’agroalimentare italiano che è un sistema uni-co al mondo.
Nell’intraprendere un percorso programmatico reale e concreto è necessario tener conto di due aspetti di carattere macroeco-nomico che potranno avere un impatto anche sull’economia agricola:


1. la recente crisi economica europea;
2. la manovra annunciata dal Governo.
Sul fronte economico europeo, il dissesto dell’economia greca manifestatosi nelle ultime settimane ha funzionato da detona-tore sui mercati finanziari mondiali favorendo azioni speculative che hanno avuto come obiettivo non solo la Grecia ma l’Unione Europea in generale e la sua valuta in particolare.
Nell’ambito dell’accordo per il piano salva-Euro messo a punto dai ministri delle finanze dell’UE l’Italia contribuirà con un pre-stito pari a poco meno di 6 miliardi di euro nel 2010. Un pre-stito circa il quale la data di rimborso non è ancora nota ma che, probabilmente, potrebbe prevedere una seconda tranche nel 2011.
Sul versante economico nazionale, il Ministro dell’Economia Tremonti ha già annunciato una manovra che dovrebbe aggi-rarsi intorno ai 25 miliardi di euro. Il dettaglio dei termini e dei contenuti della manovra non sono stati ancora definiti, ma se l’impostazione dovesse riprendere l’approccio utilizzato in occa-sione del decreto legge n. 112/2008, anche il settore agricolo sarà chiamato a contribuire per la sua parte.

E ‘ necessario - ha incalzato il ministro - però condividere “i numeri” relativi al reale stato dell’agricoltura per poter definire una coerente azione pro-grammatica del Ministero.
1. Lo stato dell’agricoltura italiana

La struttura


Il settore primario soffre da tempo di una spinta fram-mentarietà. Il 73% delle aziende ha una superficie utilizzata inferiore ai 5 ettari. La dimensione media è di 7,6 ettari di su-perficie agraria utile (SAU)
Nell’ultimo quinquennio, si è avuta una forte contrazione delle aziende agricole (-14,5% nel complesso), che ha ri-guardato soprattutto le aziende piccolissime e, quindi, ha inciso molto poco sulla dimensione media
Osservando i cambiamenti avvenuti negli ultimi anni ciò che emerge è che l’erosione delle aziende e, corrispondentemente, dei capi azienda, abbia interessato in larga misura i già poco numerosi giovani
La numerosità dei capi azienda con meno di 35 anni si è ridotta di ben il 36%. Vi è quindi un problema di ricambio generazionale.

La redditività


Da alcuni anni, salvo situazioni estremamente congiunturali, si assiste - ha spiegato ancora il ministro- ad un calo costante dei redditi agricoli, a causa del notevole differenziale di crescita tra i prezzi dei prodotti ed i co-sti di produzione.
Il 2009, peraltro, è stato caratterizzato da una forte contrazio-ne della redditività degli agricoltori dovuta ad una flessione dei prezzi alla produzione del 12% e ad una riduzione meno mar-cata dei costi dei mezzi produttivi, in calo solo del 2%.
Problemi di redditività hanno interessato tutta la UE, in-fatti, il reddito agricolo nel 2009 è calato in media dell'12% ri-spetto al 2008 con punte del -32% in Ungheria, del -25% in Lussemburgo e -24% in Irlanda mentre l’Italia e la Germania si sono assestate sul -21%.
Tra il 2000 ed il 2009, il calo del reddito agricolo reale per occupato per l‘Italia e' stato del 36% superato solo dalla Danimarca (-46%)

La struttura patrimoniale e finanziaria


Il deterioramento della ragione di scambio (rapporto tra varia-zione dei prezzi dei prodotti agricoli e quella degli input) ha fatto sì che le imprese agricole abbiano sofferto della ri-duzione dei margini, aumentando il grado di indebita-mento con un forte appesantimento della propria struttu-ra patrimoniale e finanziaria.
Peraltro, la forte incidenza del costo per le materie prime sul fatturato (75% circa) rende - ha continuato Galan - le imprese agricole estrema-mente sensibili all’andamento dei prezzi degli input.
In relazione alla solidità patrimoniale e finanziaria delle imprese agricole l’effetto della crisi ha determinato un progressivo in-cremento del volume degli oneri finanziari, a seguito di un in-nalzamento del costo medio del finanziamento esterno.
Inoltre, le erogazioni di credito agrario sono diminuite nel 2009 rispetto agli anni precedenti. Nel 1° semestre 2009 il calo è stato del 30% rispetto allo stesso periodo del 2006 in termini di numero di crediti concessi e del 17% in termini di corrispettivo valore

Export


L’Italia mostra una quota di export agroalimentare a li-vello mondiale (5%) in linea - ha detto il responsabile di via XX Settembre - con quella di importanti paesi come Cina, Spagna e Canada e superiore ad altri paesi di rilievo come Argentina e Australia.
Nel mercato internazionale, il disavanzo strutturale della bilan-cia commerciale dell’agroalimentare è andato riducendosi nel corso degli ultimi anni passando dai quasi 8 miliardi del 2004 ai circa 6,5 miliardi di € del 2009. Tale riduzione è stata rag-giunta quasi esclusivamente grazie ai prodotti del made in Italy che, non solo presentano un saldo positivo pari a quasi 9,5 miliardi di euro ma, con un livello delle esportazioni che nel 2009 è stato di 15,5 miliardi di euro, nel corso del quinquennio, hanno visto crescere il saldo del 54%.

2. Linee guida per il programma di Governo


Sulla base dello scenario delineato, emerge - ha specificato ancora - la necessità di una politica nazionale capace di intervenire con misure ido-nee ad affrontare le peculiarità del settore partendo da esse per superare lo stato di crisi e rilanciarne le potenzialità attraverso un quadro organico di azioni.

Per tale motivo, l’azione del Ministero nel corso della legislatura sarà orientato verso i seguenti obiettivi:
1. Promuovere interventi per il superamento della crisi economica del settore e per il rilancio della compe-titività.
2. Riaffermare il ruolo italiano in ambito europeo, in vi-sta della revisione delle Politica Agricola Comunitaria, e a livello internazionale.
3. Costruire un nuovo rapporto con le regioni, anche al fi-ne di rendere coerenti gli interventi previsti nel PSR ed evitare il disimpegno dei fondi comunitari.
4. Assicurare un quadro normativo organico a supporto del sistema imprenditoriale anche attraverso la riaper-tura della delega in materia di modernizzazione del settore e la definizione del Codice Agricolo.
5. Promuovere un Piano di “sburocratizzazione”, raffor-zando – sulla base del principio di sussidiarietà - la rete di servizi a favore delle imprese.
6. Riqualificare e razionalizzare la spesa pubblica nel settore.


Per quanto riguarda gli interventi per superare lo stato di crisi e rilanciare la competitività, è necessario promuovere misure finalizzate a:
 assicurare maggiore liquidità al sistema imprenditoriale;
 stabilizzare il Fondo di Solidarietà Nazionale e promuovere nuovi strumenti di gestione del rischio d’impresa a tutela del reddito degli agricoltori;
 garantire l’accesso al credito e al mercato dei capitali;
 stabilizzare la fiscalità e la previdenza agricola;
 rafforzare le politiche per il ricambio generazionale;
 favorire gli investimenti nelle imprese e lo sviluppo di fi-liere e di prodotti di qualità;
 rafforzare la ricerca in agricoltura;
 promuovere la realizzazione di investimenti per favorire il risparmio idrico ed energetico e favorire lo sviluppo del settore agro energetico.

A livello europeo, la riforma del bilancio comunitario - ha detto invece - è sicu-ramente il dossier più importante da affrontare nei prossimi mesi.
E’ in tale contesto, infatti, che sarà ridisegnata la futura Pac: una partita che per il nostro Paese vale circa 6,5 miliardi di euro all’anno, tra aiuti diretti agli agricoltori (4,3 miliardi di euro/anno) e misure di sostegno allo sviluppo rurale (2,2 mi-liardi di euro/anno).
Il negoziato sarà particolarmente difficile; il capitolo agricolo è infatti messo sotto accusa dai Paesi contribuenti netti al bilancio comunitario (Regno Unito, Olanda, Svezia, Danimarca, Austria).
In tale contesto, oltre a garantire la salvaguardia delle risorse destinate al settore, la posizione italiana dovrà orientarsi verso i seguenti obiettivi:
1. proporre un nuovo assetto della PAC per “proteggere” il reddito degli agricoltori dai rischi climatici, dalle crisi di mercato e dalla volatilità dei prezzi che caratterizzano sempre più lo scenario europeo ed internazionale;
2. sostenere il “modello agroalimentare italiano”, tutelando le specificità che caratterizzano la nostra agricoltura, orien-tata ad una produzione di qualità fortemente legata al territorio.
Sarà inoltre opportuno riaffermare la centralità del pilastro su cui si è fondata l’Unione Europea e cioè: garantire ai cittadini europei la sicurezza alimentare intesa sia secondo una strategi-ca capacità di auto approvvigionamento che come garanzia per la salute di tutti noi.

A livello internazionale, è necessario riprendere la strada del riconoscimento e della valorizzazione del Made in Italy. In tal senso sarà opportuno “liberare” questo percorso dagli ostacoli oggi rappresentati dall’agropirateria e dalla contraffazione, e procedere speditamente verso il pieno riconoscimento della tu-tela dei marchi collettivi.
Per questo scopo l’Italia dovrà farsi promotrice di un forte im-pegno negoziale, condiviso in sede europea, finalizzato a soste-nere il pieno riconoscimento della tutela dei marchi e delle pro-duzioni ad indicazione geografica.

Costruire un nuovo rapporto con le Regioni. I Programmi di sviluppo rurale (Psr) rappresentano - ha commentato Galan - il principale strumento di sostegno al settore agricolo, dopo gli aiuti diretti.
Attraverso i Psr sono stati attivati ingenti finanziamenti pubblici (17,6 miliardi di euro per l’intero periodo 2007 – 2013). Tali disponibilità devono essere obbligatoriamente uti-lizzate entro tempi prestabiliti, pena la perdita dei fondi comu-nitari non spesi. Al 31 dicembre 2009, sono stati spesi sola-mente 2,4 miliardi di euro, corrispondenti al 13,4% della dota-zione complessiva. Per evitare il disimpegno automatico dei fondi Feasr assegnati al nostro Paese, occorrerà che le Regioni, entro il 31 dicembre 2010, realizzino un’ulteriore spesa di 1,1 miliardi di euro.
Le Regioni che presentano le peggiori performance sono quelle meridionali, appartenenti al cosiddetto Obiettivo convergenza: in particolare le Regioni Puglia, Campania, Calabria e Sicilia, che registrano percentuali di avanzamento inferiori al 12%. Al Centro-Nord le peggiori sono Lazio e Abruzzo.
Premesso che la gestione delle risorse è di competenza regio-nale, risulta di vitale importanza adottare ogni soluzione utile ad evitare il disimpegno dei fondi complessivamente assegnati.
In tal senso, occorrerà:
1. sensibilizzare i nuovi esecutivi regionali ad organiz-zarsi al meglio per gestire queste importanti risorse comu-nitarie considerato che il disimpegno per il 2010 è evitabile solo se le Regioni meno efficienti evidenziano una netta inversione di tendenza;
2. verificare la condizioni per trasformare i 21 PSR in un Programma Unico Nazionale (articolato in 21 sotto-programmi), che rappresenterebbe l’unica soluzione per lasciare inalterato l’attuale assetto delle competenze e consentire compensazioni finanziarie tra le Regioni per evitare disimpegni futuri.

E’ opportuno, infine, attivare un Tavolo Programmatico con le Regioni per affrontare specifiche problematiche e promuo-vere Accordi di Programma Quadro, finalizzati a verificare la possibilità di finanziare i contratti di filiera con la compartecipa-zione delle Regioni interessate agli interventi anche attra-verso il recupero delle risorse in ambito FAS.

Assicurare - ha meglio precisato - un quadro normativo organico a supporto del sistema imprenditoriale. Gli interventi per accrescere la ca-pacità competitiva del settore devono essere accompagnati dalla definizione di un quadro normativo adeguato a creare un contesto favorevole, anche attraverso la semplificazione del quadro legislativo.
In tale contesto, va esplorata la possibilità di “riaprire” la delega per la modernizzazione del settore, anche al fine di rivedere la normativa che tuteli chi effettivamente esercita l’attività imprenditoriale agricola e la regolazione dei mercati per garantire maggiore trasparenza ed equità nei rapporti di fi-liera.
Inoltre, il Codice Agricolo approvato in via preliminare dal CDM dovrà essere rivalutato con attenzione anche alla luce dei rilievi posti dal Consiglio di Stato, dalle Commissioni parlamen-tari e dalla Conferenza unificata, creando altresì un armonico confronto con le associazioni. Mi auguro che sotto il mio man-dato il mondo dell’agricoltura italiana possa salutare finalmente il varo di un codice di settore così come è avvenuto in altre materie, penso per esempio ai beni culturali e all’ambiente.
Uno forte spinta all’innovazione del settore dovrà venire anche attraverso il rafforzamento della rete di servizi a favore delle imprese e la razionalizzazione e riqualificazione della spesa pubblica.

Le politiche per la Pesca


Nei prossimi mesi proseguirà - ha poi illustrato Galan - il dibattito sulla riforma della Politica Comune della Pesca.
Sulla riforma, possono essere formulate le seguenti considera-zioni:
 Appare condivisibile l’approccio della Commissione euro-pea che ritiene necessaria una riforma radicale. La cre-scita degli stock attuali, depauperati da alcuni decenni di sfruttamento eccessivo, appare come un obiettivo irri-nunciabile, nell’interesse dei consumatori e degli stessi pescatori.
 Deve essere sollecitata una profonda semplificazione dell’attuale assetto normativo che è diventato troppo complesso ed oneroso per le Amministrazioni nazionali e per gli operatori del settore.
 Va dedicata una maggiore attenzione agli aspetti sociali, al fine di garantire la vitalità economica e la tutela dell’occupazione nelle comunità costiere. A tal fine, de-vono essere delineate nuove iniziative per consentire alle imprese di pesca di migliorare il rapporto con il mercato ed accrescere la valorizzazione economica del prodotto.
In base a tali considerazioni, le linee di negoziato dovranno perseguire gli obiettivi di un assetto che consenta una crescita delle risorse ittiche, tutelando al tempo stesso il reddito e l’occupazione degli addetti al settore.

Per quanto riguarda il settore della pesca va inoltre dato un forte impulso al Fondo europeo per la pesca che rappre-senta lo strumento con il quale vengono attuati a livello nazio-nale gli obiettivi di fondo sanciti dalla politica comune per il settore.
Per il periodo 2007-2013, è stata assegnata all’Italia una dota-zione complessiva di 424,3 milioni di euro (poco meno del 10% sul totale comunitario). Con il cofinanziamento obbligatorio di parte nazionale (pari al 50%) sarà, quindi, possibile finan-ziare interventi per un totale di 848,6 milioni di euro.
Allo stato attuale, la messa in opera del FEP è stata caratteriz-zata da particolari criticità, che hanno determinato consistenti ritardi nell’esecuzione degli adempimenti previsti dalla normati-va comunitaria, ed in particolare la definizione del sistema di gestione e controllo.
In assenza della formale approvazione del sistema di gestione e controllo, non possono essere accettate dalla Commissione le domande di pagamento con cui si richiede il rimborso delle spe-se effettuate e certificate.
E’ necessario avviare tutte le procedure necessarie per re-cuperare il ritardo precedentemente cumulato, attraverso un coinvolgimento diretto delle regioni.
L’avvio del FEP consentirà l’attivazione di importanti misure di sostegno al settore in una fase in cui le imprese attraversano serie difficoltà.

Le emergenze


Accanto a questi interventi di carattere strutturale, bisogna - ha precisato il ministro - af-frontare anche le diverse situazioni di emergenza che in questo periodo si sono accumulate. Ci si riferisce, in particolare:
 alla questione delle quote latte,
 alle problematiche del settore bieticolo-saccarifero,
 alle agevolazioni sul gasolio;
 alla delicata situazione finanziaria in cui versa l’Unire,
 ai provvedimenti amministrativi che dovranno rapidamente essere emanati in materia di etichettatura, qualità e pro-dotti tipici, OGM


Concludo rifacendomi ad un mio pensiero di sempre, ad una convinzione che mi appartiene: quella di sostenere in ogni caso e comunque la necessità della ricerca. Non si tratta però di una scelta alla Ponzio Pilato, una scelta tanto per non essere co-stretti a dover schierarsi con il fondamentalismo organico op-pure con gli apostoli della biotecnologia. Anch’io, come molti altri, credo che il futuro della produzione alimentare si trovi si-curamente nel mezzo, uno spazio di mezzo rappresentato da un terreno che solo così può essere vasto e fertile.
D’altra parte, è vero che la tradizione vince, ma vince a patto che la si innovi.

in data:19/05/2010

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